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Nei prossimi giorni potrebbe consumarsi una delle operazioni di maggiore rilevanza del calcio italiano, ovvero la cessione del Milan da parte della famiglia Berlusconi. Tutto lascia pensare che stia arrivando il momento decisivo per la definizione del destino societario e anche le frasi di grande prudenza di Marina Berlusconi – è una fase delicata, il silenzio è d'obbligo, ha detto la figlia maggiore del Cavaliere – fa pensare che siamo ormai arrivati alla stretta finale. In lizza ci sono due cordate che puntano ad acquistare la maggioranza della società rossonera: quella del magnate thailandese Bee Taechaubol e quella guidata dal cinese Richard Lee. Fra analisi dei bilanci e incontri più o meno segreti ad Arcore, il risiko societario dovrebbe sciogliersi in un tempo abbastanza rapido, entro la metà di maggio. Tanto per chiarire si tratta di un'operazione di primissimo piano. Silvio Berlusconi valuta il Milan una cifra di poco inferiore al miliardo di euro e la cessione potrebbe riguardare il pacchetto di maggioranza (60-70%).
Inutile nascondere che siamo di fronte ad un passaggio epocale. Il Milan di Silvio Berlusconi, comunque la si pensi (calcisticamente parlando), è una delle società più vincenti della storia del calcio mondiale. Dopo anni di voci su trattative più o meno avviate e poi naufragate pare che si sia arrivati al dunque e molto probabilmente per i tifosi rossoneri si sta chiudendo un'era iniziata nel 1986 e coronata da una serie infinita di successi.
Il Milan passerà in mano a investitori stranieri, così come è successo per la Roma (all'americano Pallotta) e più recentemente per l'Inter (all'indonesiano Thohir). Tra i grandi e storici club italiani tiene botta la Juventus di casa Agnelli che, oltre ai successi sportivi di questi ultimi anni, è l'unica tra le società italiane che può vantare uno stadio di proprietà.
La cessione di Roma, Inter e ora, con tutta probabilità, del Milan è il prezzo che il calcio italiano deve pagare per cercare di restare nel calcio che conta. Per competere a certi livelli servono capitali che ormai in Italia non ci sono più. O meglio: le poche famiglie di cui stiamo parlando non hanno più la possibilità di investire certe cifre nella sfida calcistica.
Ormai anche in Italia l'investitore straniero non è più un tabù e alla fine, per i tifosi, quello che conta è vedere la propria squadra vincere. Certo, l'innesto di soldi freschi (e possibilmente tanti) stranieri non è una garanzia di successo ma è certamente il punto di ripartenza. Per vincere i soldi vanno spesi bene. Ma bisogna averli.
luca puerari
23 Aprile 2015
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